Legge sui rifiuti, conto salato per gli armatori

Ad un armatore di linea può costare fino a 100 mila euro l’anno. In base alla legge italiana, la nave che arriva in porto è tenuta a scaricare sempre i suoi rifiuti salvo esenzioni, che riguardano principalmente unità «con scali frequenti e regolari»

Genova – Un cavillo, che però a un armatore di linea può costare fino a 100 mila euro l’anno. In base alla legge italiana, la nave che arriva in porto è tenuta a scaricare sempre i suoi rifiuti salvo esenzioni, che riguardano principalmente unità «con scali frequenti e regolari», quindi prima di tutto i traghetti merci e passeggeri che costituiscono l’ossatura delle Autostrade del mare.

Questi in sostanza possono individuare un singolo porto di tutto l’itinerario dove scaricare i rifiuti. Una pratica che un tempo era interamente gestita dalle Capitanerie, ma con l’entrata in vigore del decreto legislativo 197 del 202 che recepisce la direttiva europea del 2019 su ritiro dei rifiuti, le competenze si sono sdoppiate.

Così non è più l’Autorità marittima a rilasciare il certificato di esenzione, ma l’Autorità di sistema portuale: «In effetti – risponde da Confitarma Francesco Beltrano, responsabile servizio Porti e infrastrutture – il decreto ha caricato le Adsp di questo onere potremmo dire quasi un po’ a sorpresa: e così allo stato attuale la maggior parte delle Authority non è attrezzata per il rilascio dei certificati».
E allora che cosa succede? «Nei fatti – risponde Beltrano – in alcuni porti si sta applicando la norma alla lettera: quindi giustamente niente certificato, niente esenzione. Si allunga in questo modo la procedura, e con essa crescono gli oneri amministrativi, di un 10% circa. Le tabelle sono complesse, ma diciamo che una compagnia che scala frequentemente Genova e Livorno, può arrivare a sostenere un costo annuo aggiuntivo di circa 100 mila euro. Soldi che non spostano un bilancio, ma è curioso dover pagare di più senza che nella sostanza non sia cambiato nulla. Abbiamo chiesto chiarimenti a ministero delle Infrastrutture e ministero della Transizione ecologica. Speriamo che questo problema transitorio possa essere superato».