Demolizioni navali anche Piombino
PIOMBINO – Un passo alla volta, anche la società PIM (gruppo Neri e San Giorgio del Porto) è stata iscritta all’albo nazionale – e di conseguenza a quello europeo – autorizzato sulla base delle normative UE alle demolizioni navali. C’è voluto il recente decreto del ministero MISE, insieme a quello dell’Ambiente, per sbloccare una situazione che rasentava l’assurdo. Le vecchie navi italiane, anche quelle militari, venivano mandate a demolire in Turchia, da dove tornavano i loro metalli a caro prezzo in Italia.
La società PIM di Piombino è da tempo attrezzata, con forti investimenti privati, nelle aree in concessione, ed ha già operato sia sui cassoni di spinta della Costa Concordia (riciclandone alcuni come moli per porto Loti) sia su interventi minori.
La Pim, insediata nel Porto di Piombino ha già iniziato la costruzione di capannoni e strutture, avviando investimenti quantificabili in circa 14 milioni di euro, con prospettive occupazionali, a regime, per circa 200 lavoratori e con un significativo beneficio economico per l’indotto.
L’obiettivo della Piombino Industrie Marittime (composta dal cantiere genovese San Giorgio del Porto, leader in Europa e punto di riferimento a livello mondiale nelle riparazioni e trasformazioni navali cos come in progetti di nuove costruzioni e dalla livornese Fratelli Neri, impegnata da oltre cento anni in attivit di salvataggio, rimorchio navale, difesa ambientale e terminalismo portuale) quello di iniziare a realizzare le infrastrutture nei primi mesi del 2017 e avviare le attivit nella seconda met del prossimo anno.
Le aree concesse a Pim per un periodo di 40 anni oggetto della concessione hanno una superficie totale di 103.295 metri quadrati, di cui 80.922 gi realizzati e altri 22.373 di prossima realizzazione, che dovrebbero essere terminati entro 12 mesi.
La nuova infrastruttura partirà con l’attività garantita dall’accordo con il Ministero della difesa e la Marina militare per lo smantellamento di navi militari previsto dall’accordo di programma per l’area di crisi industriale complessa, ma proseguir
Adesso sta cominciando a ricevere i materiali di demolizione della “Belkan B.”, uno dei famigerati relitti che per anni sono stati al centro di una kafkiana vicenda a Ravenna (costata anche un’inchiesta della magistratura a carico del povero presidente dell’AdSP) sulla quale ha cominciato a lavorare sul sito la Fagioli.
Come abbiamo già riferito, dal 15 ottobre l’atteso decreto interministeriale ha dato mandato sia alle AdSP sia alla Marina Militare (per quest’ultima sui relitti che ingombrano tre basi: Augusta, Taranto e La Spezia) di inviare entro la fine dell’anno (termine ultimo, a quanto pare) una mappa aggiornata sia dei relitti navali che impegnano le banchine, sia delle modalità proposte per demolirli, eventualmente trasferendoli nei siti iscritti all’elenco europeo. Dovranno essere fatte le relative gare d’appalto e lo Stato contribuirà fino al 50% delle spese: contrastando in questo modo la concorrenza del cantiere turco oggi “padrone” delle demolizioni in tutto il Mediterraneo.
La speranza è che adesso le AdSP si diano davvero da fare per ottemperare a una norma che non solo consentirà di liberare banchine e piazzali, ma darà lavoro a centinaia di italiani e farà recuperare anche metalli sempre più preziosi. Basterà ricordare che per demolire il disgraziato scafo della Costa Concordia nel porto di Genova hanno lavorato 300 persone per oltre due anni e sono stati recuperati materiali dal valore di decine di milioni (che oggi varrebbero cinque volte di più per il noto aumento elle materie prime.