Flexport approda in Italia e mette nel mirino il Made in Italy
Milano – Moda, industria e beni di consumo sono i settori su cui intende puntare Flexport, per lo meno in una prima fase, per lo sviluppo delle sue operazioni in Italia. Operativa da solo due settimane (anche se il lavoro preparatorio è stato avviato già nei mesi scorsi), la filiale italiana della società statunitense – piattaforma on the cloud che opera come ‘spedizioniere digitale’, fondata nel 2013 a San Francisco – ha aperto una sede a Milano con cui presidiare il mercato locale, grazie anche alle partnership stabilite con Ormesani e New Charter.
In estrema sintesi, il ‘prodotto Flexport’ si propone come piattaforma on line per la gestione dell’intera supply chain (incluse soluzioni di trasporto via mare, via aerea, ferroviarie e stradali, operazioni doganali e altro) mettendo in relazione il committente con i suoi diversi fornitori logistici, inclusi quelli di magazzino, con una copertura quasi globale (che include Europa, Americhe, Oceania, Asia Pacifico e varie regioni africane). I vari attori possono interagire sul sistema, che offre uno spazio di comunicazione centralizzato che registra tutti gli scambi, ottenendo una volta prenotato il trasporto un tracciamento delle spedizioni anche a livello dei singoli prodotti (tramite Sku). Dalla imponente mole di dati così raccolti, la piattaforma genera inoltre analytics che possono essere utilizzate dalle aziende con finalità che possono allargarsi anche a quelle del controllo di gestione. Il sistema prevede inoltre la possibilità di rendere più sostenibili le proprie spedizioni intervenendo su parametri quali il routing, la modalità, o attraverso la selezione di programmi di carbon insetting od offsetting.
Relativamente all’approccio aziendale, la società (non esposta, precisa, nel crac di Silicon Valley Bank) unisce competenze tipiche delle realtà hi tech statunitensi (il Ceo Dave Clark in precedenza ha ricoperto lo stesso ruolo per la divisione Worldwide Consumer di Amazon) a quelle proprie del mondo della logistica e dei trasporti. Esempi di questo sono gli stessi vertici della filiale italiana di Flexport, il general manager (nonché vertice dell’intera area Sud Europa) Jaap de Mots (un passato in Maersk, dove ha ricoperto anche il ruolo di capo dello staff dell’allora Ceo Soren Skou) e il sales manager Luigi Ragni (già in K+N, Ch Robinson e Coyote Logistics).
A SUPPLY CHAIN ITALY de Mots e Ragni, dopo aver presentato la piattaforma, hanno illustrato in anteprima ambizioni e prospettive di crescita della società, Italia inclusa.
In un settore in cui stanno spuntando varie soluzioni di questo tipo, Flexport– ha spiegato in particolare de Mots – deve la sua forza alla tecnologia sottostante, che rende l’interfaccia estremamente user friendly, continuamente sviluppata da un team di ingegneri (di base negli Stati Uniti e in Europa) anche sulla base degli input raccolti dai clienti. Secondo il manager, una caratteristica che le garantisce ad oggi “un vantaggio competitivo di un paio d’anni” sui concorrenti. Un gap che l’azienda (la quale pure, in modo simile a quanto fatto da altre come altre colleghe hi tech, nei mesi scorsi ha avviato taglio significativo della propria forza lavoro) punta ora ad allargare ancora grazie a un massiccio piano di reclutamento di ingegneri informatici, con l’obiettivo di raddoppiarne il numero entro l’anno.
Se a livello globale Flexport vanta clienti di vari settori (recente anche il lancio di una partnership con Shopify a supporto dei merchant della app), anche in Italia Flexport non si è data limiti rispetto alle dimensioni, ai volumi o alle categorie dei propri potenziali utenti. “La piattaforma offre servizi totalmente scalabili, per una singola spedizione o per molte” spiega de Mots, per il quale un connubio ideale potrà comunque essere quello con le Pmi italiane, andandone a supportare il desiderio di internazionalizzazione.
Anche rispetto ai target che intende raggiungere in questo e nei prossimi anni, il management di Flexport preferisce non sbilanciarsi troppo, sebbene evidentemente le ambizioni siano elevate. Il primo passo, come accennato sopra, la sta vedendo impegnata nello sviluppo di una partnership con “un grande nome della moda”, ma in generale nel mirino c’è tutto il made in Italy.
L’Italia è un “mercato entusiasmante, in rapida crescita e pronto per un nuovo modo di gestire la logistica, basato sulla tecnologia” ha concluso de Mots, mentre Ragni ha aggiunto: “Puntiamo a trasformare il trasporto merci nel mercato italiano con una tecnologia basata sui dati che fornisca gli insight e le competenze richieste dalle imprese italiane”. Per supportare questo percorso, in particolare a supporto delle operazioni doganali, Flexport come detto ha scelto di allearsi con due realtà quali Ormesani, storica società di spedizioni e logistica con base in provincia di Venezia, e New Charter, realtà di Saronno che opera come broker in particolare per il trasporto aereo.
Francesca Marchesi