I lavoratori dei Porti invecchiano

Più della metà della categoria ha più di cinquant’anni. Ancip, Assiterminal, Assologistica, Assopoti e Fise-Uniport presentano l’ennesima proposta normativa per classificarli come “lavoro usurante” e incentivare il ricambio generazionale

I lavoratori portuali italiani stanno invecchiando. Oggi, come riferiscono le associazioni di categoria, più della metà di loro hanno più di cinquant’anni. Un fattore che incide sul ricambio generazionale, perché senza crescita il ricambio rallenta. E incide «sulla capacità di riqualificazione dei profili professionali, cioè sulla capacità di passare da modalità manuali a processi digitalizzati, e sulla generale capacità del personale di essere appealing sul mercato del lavoro», scrivono in una nota congiunta le associazioni Ancip (portuali), Assiterminal (terminalisti), Assologistica (imprese logistische), Assoporti (autorità portuali), e Fise-Uniport (imprese portuali).

Le cinque associazioni annunciano una nuova, ennesima proposta normativa, da inserire nella legge di bilancio in corso di approvazione dal Parlamento, per riconoscere ai lavoratori portuali lo status di lavoro usurante, inserendo la categoria nell’elenco dei “lavori gravosi” dell’INPS, con vantaggi nel trattamento economico e nel conteggio dell’anzianità, e spingendo eventualmente, tramite anche i prepensionamenti previsti da una norma del 2021, anche sul ricambio generazionale.

«La media anagrafica dei lavoratori portuali – continuano le associazioni portuali e terminalistiche – si eleva di anno in anno in un mercato del lavoro e di scelte organizzative aziendali che traguardano la transizione della digitalizzazione dei processi operativi con una certa lentezza. Ciò è dovuto a una stagnazione nell’operatività dei porti, conseguenza naturale della situazione economica e dell’andamento dei consumi. Passata l’euforia del 2022 (post pandemica) i traffici di import export (l’80% dei quali transitano per i nostri porti) sono tornati a livelli pre 2019 e pertanto la marginalità per le imprese è contenuta: a questo si aggiungono gli aumenti dei costi (canoni concessori demaniali, costi energetici, rincaro delle attrezzature) e l’incertezza negli scenari dei prossimi
anni, con conseguenti rallentamenti nella capacità di investimento».

Sono diversi anni che le associazioni di categoria spingono sul riconoscimento del lavoro portuale come usurante. «Confidiamo – conclude la nota di Ancip, Assiterminal, Assologistica, Assopoti e Fise-Uniport – che sia la prima volta in cui si avvia un percorso utile a finalizzare gli strumenti più adeguati a favore del lavoro e dell’organizzazione delle nostre imprese per il settore della portualità italiana, in attesa che anche il fondo per il prepensionamento dei lavoratori portuali, previsto da una norma del 2021, trovi finalmente il suo percorso attuativo».