Un’unica Spa per gestire tutta la portualità italiana”.

La proposta lanciata da Pasqualino Monti e da Edoardo Rixi

Un’unica azienda centrale, probabilmente una Spa, che debba rendere conto a un consiglio di amministrazione e non alla burocrazia, che selezioni ed effettui gli investimenti e che operi sulla base di un piano industriale. Questo in sintesi il fulcro di una riforma portuale che non casualmente nasce da Palermo e dal presidente dell’Autorità di Sistema Portuale, Pasqualino Monti, che oggi, in occasione della quinta edizione del convegno “Noi, il Mediterraneo”, ha lanciato una formula del tutto innovativa di approccio alle necessità ormai cogenti di cambiamento del sistema portuale.

La formula, sulla quale – come evidenziato dall’intervento del viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Edoardo Rixi – sembra convergere il consenso del governo, prevede che le singole Autorità di Sistema Portuale restino enti pubblici “economici” sotto pieno controllo pubblico, ma che in grande parte diventino esecutori di indicazioni precise di priorità negli investimenti e nel marketing internazionale che diventeranno compito primario dell’azienda centrale dei porti. Nel corso del convegno di Palermo si è parlato di una sorta di Enav (Ente Nazionale per l’Assistenza al Volo) applicata alla portualità. Una società per azioni, a controllo pubblico, ma in grado di attrarre investitori privati su un piano industriale, ma anche di sfruttare le occasioni di investimento e consulenza nel mondo.

“L’Italia può contare su grandi imprenditori dello shipping che tutti ci invidiano, autentici campioni mondiali del settore. Il nostro dovere è quello di coadiuvarli nella direzione degli interessi del Paese”, ha detto Rixi, condividendo con Monti la proposta “di un soggetto centrale che gestisca i cambiamenti e sia in condizione di selezionare gli investimenti, un soggetto in grado di dare risposte rapide al mercato e di gestire i processi”. Un sistema che, secondo il viceministro, “passi da interventi concreti sulle storture determinate da una deresponsabilizzazione della burocrazia e dalla incapacità di assumere scelte”.

Non solo, “bisogna tornare a retribuire i manager preposti a questi processi secondo una logica di mercato”, ha concluso Rixi.